
Io ho una vita privata e non è affar tuo!
“Quel giorno fui sottoposta a un processo sommario. La direttrice mi apostrofò con frasi irripetibili e mi disse che era meglio me ne andassi spontaneamente, altrimenti avrebbe dovuto scrivere sulla lettera di licenziamento il motivo. E aggiunse che non avrei più trovato lavoro, che non mi avrebbero assunta neanche per pulire i cessi della stazione. Che su di me ci sarebbe stato un marchio indelebile“.
Questa donna, educatrice, vittima di REVENGE PORN, umiliata e poi licenziata.

La vicenda, ormai conosciuta da molti, ha scatenato una serie di riflessioni, legittime polemiche e una profonda frustrazione soprattutto per tutte quelle professioni di aiuto in cui la figura femminile viene ancora inserita all’interno di uno stereotipo tanto banale quanto pericoloso: chi lavora con bambin* e ragazzi* deve mantenere un rigore e un comportamento, anche nella vita privata, immacolato e pudico.
Dov’è l’errore? Direi che sono due le dimensioni su cui vale la penna riflettere:
- in casi come questi la donna è sempre considerata la colpevole e mai la vittima
“Te la sei cercata”, “Certo che se mandi quelle foto al tuo ragazzo, poi non ti puoi lamentare”, “Certe cose non dovresti farle, proprio tu che lavori con dei bambini”, “Dovevi pensarci prima, ora devi accettare le conseguenze delle tue azioni”.
Tutte queste frasi, e potrei scriverne altre centinaia, sono la manifestazione di un pensiero comune molto ancorato nella mentalità di una cultura misogina e stereotipata che ancora oggi sostiene l’idea che la donna, considerata il sesso inferiore, sia l’unica a dover rispondere a determinati canoni. La donna deve essere empatica, deve avere una vita privata che sia eticamente e moralmente coerente con ciò che la società si aspetta da lei, deve essere una brava casalinga, ma anche una buona lavoratrice quando serve e deve vestirsi in un determinato modo.
Ancora oggi il Revenge Porn è la minaccia più grande che può condizionare la vita di ogni donna. La nostra vita sessuale diventa motivo di scherno o derisione, motivo di denuncia e licenziamento, strumento di marchio e un modo per “rimetterci al nostro posto”
- Smettiamola di pensare che la nostra moralità, i nostri gusti sessuali o ciò che decidiamo di fare nel tempo libero debbano riguardare qualcun’altra all’infuori di noi
Il lavoro educativo E’ UN LAVORO e per svolgerlo c’è bisogno di uno studio approfondito e di una formazione permanente. Questo non significa che una professionista educativa sia perfetta, significa che proprio nelle professioni educative la dimensione personale emerge spontaneamente. Essere educatrici riguarda il pensiero che viene costruito sui bambini, sulla comunità educante, sul futuro dell’educazione stessa. Le caratteristiche personali variano (e per fortuna direi), ma non è questo che definisce l’essere educatrice.
Prima della professione esiste una PERSONA di cui bisogna aver cura. Una PERSONA che non è priva di sessualità, che non è sempre integerrima, che non deve essere un modello di sobrietà, che ha dei gusti personali che non fanno di lei una buona o cattiva educatrice: questi aspetti descrivono la persona, non il ruolo professionale!
Non vi nascondo che sono stata anche io, all’inizio della mia carriera, vittima di questo stereotipo. Cercavo di non pubblicare foto che avrebbero in qualche modo potuto minare la mia reputazione. E se fosse arrivata sulla scrivania della direttrice della scuola una mia foto in discoteca? E se qualche mamma le avesse viste? E se il mio datore di lavoro avesse potuto licenziarmi?

All’educatrice Alessia di anni fa direi questo: imparerai con il tempo che la tua professione è una delle più arricchenti che ci sia, hai la possibilità di intervenire in modo pregnante alla costruzione di una comunità educante, hai modo di meravigliare dei bambini, di diffondere magia e condividere fallimenti e rinascite. Non lasciarti influenzare dagli stereotipi che purtroppo ancora oggi definiscono il tuo essere professionale e professionista. Tu non sei il tuo lavoro.
Io sono Alessia
Amo i cani e odio i gatti
Sono molto permalosa e alle volte presuntuosa (diciamo quanto basta)
Se mi offrono una sigaretta non è detto che rifiuti
Dico parolacce quando mi arrabbio
Quando un uomo mi fa un complimento sincero arrossisco senza sentirmi in colpa
Una volta non ho raccolto i bisogni del mio cane per strada perché avevo finito i sacchetti e non me ne ero accorta
Adoro i film in cui ci sono storie d’amore adolescenziali
Sono molto attratta da tutto ciò che fa parte del mondo esoterico
Ah dimenticavo….SONO UN’EDUCATRICE E FUTURA PEDAGOGISTA
Shek your mind
Alessia

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