
SBAGLIANDO SI IMPARA…E POI?
Direi che è arrivato il momento di condividere una delle verità più pervasive e mai discusse fino in fondo con cui ogni educatore e pedagogista dovrebbe fare i conti: SBAGLIANDO SI IMPARA!
Non vi nascondo che questo tema mi tocca particolarmente. Oggi però ho deciso di dare un taglio differente a questo articolo. Non parlerò dell’importanza di lasciare libero il bambino nella sperimentazione del proprio errore, quanto più della necessità per noi educatori e pedagogisti di poter imparare dagli errori che commettiamo quotidianamente nella nostra pratica educativa.

Trovo sempre illuminante riflettere sulle rappresentazioni che ogni professionista dell’educazione porta con sé nel proprio lavoro. Spesso si parla di pratiche di autoformazione proprio come esempio di un percorso di riflessività messo in atto per portare in superficie le nostre idee, i nostri preconcetti, i nostri stereotipi, le nostre rappresentazioni riguardo a che cosa significhi per noi “fare educazione”.

Emergono storie, vissuti ed emozioni che descrivono poi il modo in cui interagiamo con bambini, ragazzi e famiglie con i quali iniziamo una collaborazione educativa e pedagogica. Nel panorama attuale, l’attenzione è puntata alla necessità di ripensare la categoria dell’errore come elemento spontaneo e irrinunciabile dal quale poter trarre un rinnovato ed inedito insegnamento.
Quando ero piccina, spesso mi veniva detto: “Sbagliando s’impara!”. Questa espressione, così apparentemente innocua, nascondeva un messaggio più nascosto: “Sbagliando s’impara, ma sarebbe meglio se tu non sbagliassi!”. Proviamo ad aggiungere un pezzo: “Sbagliando s’impara, ma sarebbe meglio che tu non sbagliassi, perché in questo caso io dovrei farti notare il tuo errore.

Non basta lasciare la libertà al bambino di poter sbagliare. All’emergere dell’errore dobbiamo anche fare in modo che questo non pesi negativamente sulla sua autostima, ma che al contrario possa divenire una fonte utile di informazioni per entrambi.
In che modo è possibile assumere questa postura? Dalla mia esperienza posso darvi una risposta immediata: lavorando direttamente su noi stessi.
Che cosa significa per me, educatore/pedagogista/insegnante sbagliare? Che rapporto ho io con l’errore? Sono infastidita dall’errore del bambino con cui sto lavorando? In che modo lo correggo? Offro uno spunto di riflessione di fronte all’emergere dell’errore?

Penso che se noi professionisti per primi ci confrontiamo con queste domande e ci prendiamo del tempo per pensare, emergeranno sicuramente latenze emotive e ricordi che, come un lampo durante un temporale, proietteranno un bagliore intenso in una notte buia. Cosa farcene di questa luce?
ACCETTARLA COME PARTE DELLA NOSTRA IDENTITA’ PERSONALE
TRASFORMARLA IN UNA RISORSA PER LA NOSTRA IDENTITA’ PROFESSIONALE
Come professionisti dell’educazione ci sentiamo liberi di sbagliare o rispondiamo a delle aspettative sempre più alte che ci arrivano dalla scuola e dalle famiglie?
LIBERTA’ NON E’ POTER FARE SEMPRE CIO’ CHE SI VUOLE, MA AVERE LA POSSIBILITA’ DI POTER ESPRIMERE SE STESSI. ANCHE NELL’ERRORE!
Shake your mind
Alessia

Sara. Il mostro del mattino.

LA LIBERTÀ DI SCEGLIERE LE PROPRIE PRIORITÀ
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