
Io diverso…diverso da chi?
Eccomi, sono tornata! E’ da un po’ che non scrivo articoli. Mai come oggi ho intenzione di parlarvi di PEDAGOGIA, ma vi parlerò di una pedagogia un po’ speciale:
PEDAGOGIA DELL’INTEGRAZIONE!
Ho scelto di parlarvi di questo tema in particolare perché qualche giorno fa ho sostenuto un esame universitario il cui tema era proprio questo. I testi che ho dovuto studiare mi hanno appassionata e preoccupata nello stesso tempo. Appassionata perché era “pane per i miei denti”…parole come INCLUSIONE, DIDATTICA INCLUSIVA, DISABILITA’ E ACCESSIBILITA’ hanno trovato una consapevole riflessione per il mio lavoro sul campo. Nello stesso tempo però mi sono resa conto di quanta strada dobbiamo fare ancora per poter garantire ai nostri studenti una vera SCUOLA INCLUSIVA.
Lo sapevate che la prima legge che garantisce anche agli alunni con disabilità di poter partecipare alla scuola ordinaria risale al 1971? Dovremo però aspettare il 1975 per poter iniziare a parlare per la prima volta di INTEGRAZIONE. Quando frequentavo la scuola elementare ho questo nitido ricordo di questi ragazzi, che all’epoca apparivano ai miei occhi di bambina un po’ “strambi”, che non mangiavano mai con noi in mensa, non giocavano mai con noi in giardino, non aspettavano i genitori all’entrata della scuola come facevamo noi. Quello era un classico esempio di SCUOLA SPECIALE. Era in quella parte della scuola che venivano portati i ragazzi con disabilità, più o meno gravi. Bene, riflettere sull’integrazione e sull’inclusione didattica pone proprio la spinta a considerare questa separazione come deleteria non solo per i bambini e ragazzi con difficoltà, ma anche per l’intera società ricordando che “l’attenzione verso gli ultimi ha il potere di migliorare la capacità di attenzione di tutti”. Abituare lo sguardo dei bambini anche a ciò che appare così DIVERSO e lontano da loro, li aiuta a percepire la diversità come ad una ricchezza e non come ad una spinta all’esclusione. Solo quando la scuola si riempie di qualità e si rivolge a tutti indistintamente, può davvero diventare una SCUOLA INCLUSIVA

Lo diciamo spesso: siamo tutti uguali, apparteniamo tutti al genere umano, ma siamo anche nello stesso tempo tutti diversi anzi, UNICI. La scuola ha il compito di valorizzare questa unicità promuovendo una progettualità che possa divenire UNIVERSALE. Finché il mio sguardo sarà alla ricerca della difficoltà, della dis-abilità, della mancanza, non potrò mai abbandonare i pregiudizi che indirizzano le mie pratiche.
Rimaniamo sempre sorpresi di fronte alle pratiche di eliminazione dei bambini nati disabili nell’antica Grecia…rimaniamo scioccati quando leggiamo che c’era un periodo in cui i soggetti disabili erano visti come “mostri” sui quali venne costruita una vera e propria industria dello spettacolo…o se pensiamo che l’imperatore romano Augusto aveva un nano portafortuna di nome Lucius…ma la riflessione che mi sento di condividere è questa:
SIAMO SICURI CHE OGGI SIAMO MIGLIORI DELLA NOSTRA STORIA?

Il rapporto con la disabilità non è semplice, me ne rendo conto. E’ un concetto che trova definizione anche rispetto alla cultura di appartenenza. Nelle scuole italiane in che modo viene gestita la presenza di alunni disabili? Si delega all’insegnante di sostegno la presa in carico del bambino oppure si procede con una programmazione comune? Siamo pronti a favorire l’inclusione o di fronte a questi alunni proviamo ancora del fastidio e dell’imbarazzo? Vi pongo queste domande perché non voglio che pensiate che io sia rimasta immune da tutto ciò. Ricordo periodi in cui era difficile per me entrare in contatto con alcuni alunni. La mancanza di conoscenza e il mio essere ancorata a cattivi pregiudizi non permettevano al mio sguardo di cogliere la bellezza della diversità, ma non parlo di diversità solo in relazione ad alunni con disabilità…parlo di diversità a tutto tondo. Ricordo momenti in cui il mio lavoro di educatrice è rimasto intrappolato nell’idea che certe competenze non potessero essere migliorate: sono davvero sicura che quello studente non possa leggere? Sono sicura che non possa imparare a colorare restando all’interno dei confini? Sono sicura che quello studente autistico non potrà mai socializzare con i suoi compagni perché così mi indica la diagnosi? Imparando dagli errori e studiando i testi più aggiornati di pedagogia mi sono resa conto di quanto fossi io a creare disabilità nello studente. La disabilità non è una caratteristica dell’essere umano, è una questione di sguardo, di competenza e di coraggio nello sfondare le barriere del pregiudizio.
Vi voglio lasciare con uno spunto di riflessione sperando che domani quella DIVERSITA’ possa diventare VICINANZA.
“Si pone di vedere nel bambino, nell’Altro, un qualcuno che dispone di risorse insospettate, all’interno delle quali si scoprono MAGGIORI E MIGLIORI impressioni rispetto a quelle donate nel primo sguardo. E’ considerare l’Altro PIU’ CAPACE di quello che il suo passato lascia supporre.”
Gaudreau
Shake your mind!
Alessia

Un armadio di colori
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