
Il teatro: un’emozione che non passa mai di moda
Quando mi è stato chiesto di scrivere un articolo su cosa sia per me il teatro, ho subito pensato a come il teatro si sia “scontrato” con me e con la mia routine in seconda superiore, ormai tanti – le donne concorderanno con me, troppi – anni fa. Sentivo il bisogno di stare bene nell’interagire con gli altri, di sentirmi sicura, così mi sono imposta di parlare davanti ad un pubblico. Ho pensato che il modo migliore per farlo fosse avvicinarmi al gruppo teatrale della scuola. Ricordo il primo monologo che ci assegnò Luca, il mio primo regista: scelsi un pezzo di Woody Allen, che poi io con Woody Allen centro poco o niente, ma la magia mi lavorò dentro sin da subito e improvvisamente, con le mani tremanti e le labbra che facevano fatica a rimanere ferme dall’emozione, davanti ai miei compagni di corso sono diventata qualcun altro. E da lì, è stato amore a prima vista.
Non ho potuto fare a meno di proseguire una volta che sono stata avvolta dall’entusiasmo di Teatroindirigibile, un gruppo che chiamo famiglia da circa dieci anni. Ho imparato in questi anni che teatro è sforzo, è voglia di stare insieme, è arrivare alla fine delle prove sfiniti ma con la voglia di fermarsi a fare due chiacchiere fuori al freddo. E’ prendersi cura del posto dove ti esibisci perché sei consapevole dell’enorme fortuna che hai ad averne uno: quel posto ha visto risate, lacrime, impegno, litigate e tanto amore, e per questo motivo merita rispetto. E quando ci rimetti piede dopo mesi di fermo, ti sembra di essere tornato un po’ a casa. Teatro è sentire l’inconfondibile rumore dei piedi sulle assi di legno del palco, sono i fari che si accendono e morire se si riuscisse a beccare subito la combinazione giusta per una volta, è sentire le proprie emozioni venire a galla fino ad esplodere dopo una battuta urlata, che era destinata al personaggio che dialoga con te ma tanto anche a te stessa. E’ avere paura della parte che ti è stata assegnata ma anche la soddisfazione quando alla fine ce l’hai fatta, quel personaggio non eri tu, ma lo sei diventato. Sono le serate organizzate insieme per ridere e ballare nel tempo libero, sono le riunioni serie, perché alla fine questo teatro, composto da più di 90 persone, in qualche modo bisogna farlo funzionare.
Trovo che il teatro possa essere terapia in qualche modo, senza volersi prendere troppo sul serio e senza troppe aspettative. E’ buttare giù i muri costruiti con tanta fatica per proteggersi dagli altri, perché si è sul palco per divertirsi e non per sentirsi giudicati. Durante la giornata siamo impegnati a correre, a produrre, a vincere in qualche modo sugli altri, e questa realtà frenetica non permette di fermarsi e guardarsi dentro quasi mai. Ecco, il teatro per me è diventato il momento della giornata dove mi fermo e prendo respiro, dove la mia mente prende respiro. Confrontandoci con gli altri automaticamente si cresce, prendendosi del “tempo per fermare il tempo” e chiudersi dentro quelle quattro pareti lasciando fuori tutto il resto, automaticamente si impara qualcosa su se stessi e su chi condivide con te quella esperienza. Teatro è imparare ad apprezzare le risorse della tua mente, perché due minuti prima di entrare in scena è nel panico e, appena varcata quella soglia che separa il buio delle quinte dalla luce del palco, improvvisamente mette il pilota automatico e produce una battuta dietro l’altra, come se niente fosse. Teatro è collaborazione, è fare gruppo. Chi è impegnato a ripassare ti aiuta a fare quel cambio di vestiti che da sola non saresti mai riuscita a fare, chi non sta facendo nulla suggerisce, e chi è pronto ad entrare in scena aziona la macchina del fumo poco prima di entrare, in un ingranaggio perfetto, o “miracolo dell’ultimo minuto” come ci piace chiamarlo a Teatroindirigibile, che fa sì che tutto alla fine in qualche modo funzioni. Il teatro è un gioco ma serio, perché richiede di prendersi un impegno, per essere presenti alle prove aiutando se stessi e gli altri a provare le proprie parti, insegnandoti la disciplina e il rispetto nei confronti delle persone con cui ti relazioni.
Oltre che a imparare il rispetto per la pizzata dopo lo spettacolo, (sì signori, quella è sacra!), ho avuto la grande fortuna di sperimentare anche l’esperienza registica, partendo proprio dai bambini del nostro gruppo, per poi passare agli adulti. Tra regista e attore quello che cambia, secondo me, è che l’attore deve avere una guida stabile e il regista deve saper essere il punto di riferimento esterno, che sappia dare una direzione al gruppo e sappia raccoglierne i momenti di difficoltà. Da attori non si è mai in grado di avere un occhio totalmente lucido su quello che si sta facendo, perché manca una visione di insieme che può dare solo il regista. Iniziare con la regia è stato ed è tutt’ora terrorizzante: io e le mie compagne di squadra, (eravamo in tre), ci siamo trovate davanti ad una ventina di sguardi carichi di aspettative, senza avere la minima idea di come soddisfarle. Tentando, cadendo e risollevandoci insieme, siamo arrivate ad un equilibrio più o meno precario che ci ha permesso di guadagnarci la fiducia dei nostri ragazzi e di aiutarli a portare in scena il loro lavoro di un anno con grandissima soddisfazione. L’orgoglio nel vedere un piccolo anatroccolo trasformarsi in un cigno sotto i tuoi occhi mano a mano che acquista sicurezza è tanto, ed è una di quelle cose che ti mostrano un pizzico di quella magia di cui tanto ho parlato in questo articolo. Il dibattito sulle scuole teatrali è ampio e burrascoso, ma per me, che faccio teatro amatoriale, è farsi guidare dall’istinto, fermarsi a giocare con la voce e il corpo, sperimentare, essere altro da te nella maniera migliore che si può fare e spingersi a fare sempre un passettino in più. L’importante è sapere che, una volta spente le luci e chiuso il portone dopo una prova, la settimana dopo troveremo tutto lì di nuovo ad aspettarci, magari un po’ più polveroso e più disordinato, o pieno delle scenografie dello spettacolo precedente, ma sarà sempre lì ad accoglierci. Sempre con la consapevolezza che una delle cose più belle è quella sottile ansia che ti divide il petto ogni volta che devi salire sul palco, e quella, questo è certo, è un’emozione che non passa di moda, mai!
Shake your mind
Brenda
Mi chiamo Brenda, classe ’89. Giurista per vocazione, bancaria di professione, attrice per caso e per passione. Amo la musica, la scrittura e l’arte in tutte le sue forme, perché alla fine “l’arte spazza la nostra anima dalla polvere della quotidianità”.
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BUONA VISIONE!
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