
La violenza sulle donne è un fallimento culturale per tutti!
“Tu non puoi lasciarmi Nora: Hai dei doveri sacri, verso di me verso i tuoi figli!”
“Ho dei doveri ancora più sacri. Quelli verso me stessa”
Nel 1879, 140 anni fa, Henrik Ibsen scrisse “Casa di Bambola” e fece pronunciare alla protagonista del suo libro, parole che ancora oggi nel nostro Paese sorprendono, poiché “i doveri verso noi stesse” in troppe ancora non li onoriamo e, la società stessa pare combattere in prima linea per colpevolizzare quelle donne, che dei propri diritti si preoccupano.
Siamo il Paese più maschilista d’Europa, occupiamo vergognosamente l’ottantaduesimo posto della classifica sulla differenza di genere e nel nostro Bel Paese, a parità di posizione, le donne arrivano a percepire il 30% in meno di stipendio rispetto ai colleghi maschi.
Non intendo con questo articolo montare polemiche, ma vorrei invitare tutti a riflettere sulle modalità con cui la piaga della violenza sulle donne viene affrontata in Italia, un Paese in cui, è bene ricordarlo, il patriarcato è ancora molto forte e radicato.
Avete presente Amore Criminale? Un programma che trasmette la Rai dal 2007, in cui si racconta il femminicidio come fosse una fiction. Ovviamente il punto non è demonizzare la Rai, perché la violenza sulle donne è “romanzata”, esposta, sottovalutata ecc… in tutti i canali televisivi, sul web e sui quotidiani. Ho preso a esempio questo programma perché mi è capitato di seguire qualche puntata e, l’impressione che ho avuto è che, si voglia far passare il messaggio che la violenza, nei casi presi in esame, nasca quasi per caso, frutto di un raptus e/o di una forte gelosia che però non pare prevedibile possa sfociare in tragedia.
Non è affatto così, la violenza di genere non nasce per caso, non ha assolutamente a che fare con l’amore o la gelosia, spesso, invece, le tragedie sono la conseguenza di denunce (quando vengono fatte) non ascoltate!
Questo accade mentre, un anno fa, nel novembre 2017, il Consiglio dei ministri ha approvato il “Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne”, il quale si articola in tre punti: prevenire, proteggere e perseguire. Il documento è strutturato basandosi sulle linee guida della Convenzione di Instanbul, firmata in Turchia nel 2011 e ratificata dall’Italia nel 2013. Per quanto concerne le procedure di protezione e sostegno, il Piano ha previsto l’attivazione della linea telefonica gratuita 1522 e di altri strumenti per favorire l’uscita dalla violenza. I punti relativi al perseguire e punire coinvolgono il miglioramento dei procedimenti giudiziari a tutela delle vittime di abusi, ma il punto fondamentale, e purtroppo il più ignorato, è proprio quello della prevenzione!
Nel documento si legge che le priorità riguardano l’aumento di “consapevolezza nella pubblica opinione su le radici strutturali, cause e conseguenze della violenza maschile sulle donne” e la sensibilizzazione “del settore privato e dei mass media sul ruolo di stereotipi e sessismo nella violenza maschile contro le donne”.
Lo Stato, ratificando la Convenzione di Istanbul, ha adottato la definizione di femminicidio come violenza “fondata sulla disparità di potere tra uomini e donne […], un fenomeno sociale strutturale che ha radici culturali profonde, riconducibili a una organizzazione patriarcale della società”, dunque esso non può sottrarsi all’imperativo categorico di sensibilizzare i cittadini proprio sulla base di queste premesse. Dovrebbe essere ovvio che la prevenzione non si attua facendo propaganda, dividendo gli assassini in mostri dalla pelle nera e amanti gelosi dalla pelle bianca. Anzi, insistendo con questo tipo di narrazione, non si fa altro che rimarcare quell’organizzazione patriarcale della società che sarebbe bene combattere, appellandosi all’imperialismo insito in questa struttura.
Pensate a come vengono riportati i fatti di cronaca, con descrizioni completamente diverse per raccontare la stessa cosa: un uomo che esercita il suo preteso diritto di proprietà sulla donna. La prima, la più diffusa, narra dello straniero violento, che è senza ombra di dubbio un mostro, anche se nel caso di vittime italiane solo l’8% degli assassini è di nazionalità non italiana. Quando ad uccidere una donna è un italiano (se passa alla cronaca) spesso “lo si giustifica” parlando di scatto d’ira o raptus.
Insomma, gli italiani che feriscono o peggio uccidono una donna possono essere soltanto presi da scatti di rabbia o di follia, gli stranieri sono semplicemente “fatti così”, entrambi, per natura. La verità è che, tutti gli uomini, a prescindere dal colore della pelle, quando commettono una violenza o un omicidio su una donna all’interno di una relazione affettiva o familiare, lo fanno sulla base di un’assurda pretesa di diritto di proprietà sulla donna stessa, “forti” del potere di cui si sentono legittimati per il loro genere dalla società!
Sorprendente notare come il Senato, ratificando la Convenzione di Instanbul, “dimenticò” di accogliere gli articoli 29 e 30 che riguardano il diritto della vittima a ottenere un risarcimento dallo Stato quando l’autorità non abbia adottato le misure di prevenzione o di protezione necessarie. In molti casi lo Stato è venuto meno il tal senso, per esempio nella vicenda di Flora Agazzi, ferita lo scorso ottobre con una pistola dall’ex marito Salvatore D’Apolito, già un anno prima denunciato per maltrattamenti; oppure nell’omicidio di Immacolata Villani, freddata davanti a scuola della figlia dal marito, Pasquale Vitiello, il quale era stato denunciato dalla moglie solo pochi giorni prima.
Lo Stato viene meno al suo dovere di prevenzione della violenza sulle donne anche quando adotta la doppia retorica del femminicidio, occultando le vere cause della violenza di genere e affrettandosi a colpevolizzare una sola categoria di persone perché gli è più comodo e soprattutto utile avere un capro espiatorio.
Ma questa non può essere una soluzione, poiché come troviamo scritto in un bel romanzo di Alice Munro: “L’odio è sempre un peccato, mi diceva mia madre. Tienilo a mente. Una sola goccia d’odio nell’anima si può diffondere e macchiare tutto il resto come una goccia d’inchiostro nel latte. L’immagine mi colpì e avrei voluto far la prova, ma sapevo di non dover sprecare il latte.” (A. Munro, Lasciarsi andare)
Insomma l’odio verso qualcuno, chicchessia, non risolve il dramma della violenza sulle donne, come non lo risolvono le minacce di inasprimento delle pene o la promessa di tutela delle vittime di violenza. Il nocciolo della questione, come del resto in ogni ambito, è la prevenzione, dunque informazione, istruzione, educazione, conoscenza; in una parola sola: cultura. È ovvio che la prevenzione sia la soluzione di più difficile attuazione, poiché implica un carico di energie e risorse pazzesco, ma al tempo stesso essa è davvero necessaria per la soluzione di questo e di tanti altri drammi che affliggono il nostro Paese, poiché come sostiene un grande luminare orgogliosamente italiano, la più urgente delle riforme è quella del cervello!
“Le conoscenze esistono per impostare i problemi, le risorse possono essere reperite. Possiamo decidere di ignorare tutto questo. Ricordiamoci però che ogni centesimo speso altrove è sottratto allo sviluppo mentale, e forse alla nostra scialuppa di salvataggio”. (Piero Angela, Da zero a tre anni).
Con queste parole, più che mai…
Shake your Mind
Paola

A NATALE PUOI!

My Home Sweet -Christmas- Home
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