
A Plastic Ocean
Dal 2009 il 13 Ottobre ricorre la “Giornata Mondiale per la Riduzione dei Disastri Naturali”. Disastri che il più delle volte sono causati dai cambiamenti climatici le cui conseguenze sono, ad esempio, l’aumento delle temperature, lo scioglimento dei ghiacciai, la siccità e l’innalzamento del livello del mare. Oggi vorrei parlarvi del mare, perché sono sicura che almeno la metà di voi, se non di più, ci trascorre ogni anno le vacanze tra nuotate, snorkeling e tante altre attività. Non vi consiglierò, però, la caletta più incontaminata o il fondale più affascinante ma vi farò, spero, riflettere scrivendo di “A Plastic Ocean”.
Ormai dovreste sapere quanto mi stia a cuore il nostro Pianeta, cerco sempre di sensibilizzarvi riguardo ai problemi ambientali, come ho fatto in passato scrivendo di “Before the Flood” e di “The True Cost”, così oggi voglio farlo parlandovi del problema della plastica negli oceani. In questo documentario il regista Craig Leeson insieme alla campionessa d’apnea Tanya Streeter mostrano la situazione dei nostri mari i cui fondali sono soffocati da tonnellate di plastica.
Parliamo subito di numeri, nel 2016 (anno in cui è uscito il documentario) il mondo ha prodotto 322 milioni di tonnellate di plastica e più di 10 milioni sono finite in mare. Considerate che queste tonnellate si vanno a sommare a quelle dell’anno precedente e successivo, visto che la plastica impiega secoli per degradarsi. Qualcuno di voi dirà, va bene ma dov’è tutta questa plastica? Sono state individuate cinque “isole” di plastica situate in corrispondenza dei principali vortici oceanici, sono paragonabili, come ampiezza, alla Francia ma purtroppo non rappresentano il problema più grave! Ciò che deve preoccuparci ancora di più sono le micro particelle, praticamente invisibili, formate dalla plastica scomposta per effetto di luce e salsedine. Queste microplastiche s’insinuano nei tessuti di pesci e crostacei, entrando così a far parte della catena alimentare.
Non pensiate che questo problema sia lontano da noi, il documentario è stato girato sì in luoghi come l’Oceano Indiano a ridosso delle coste dello Sri Lanka, la Tasmania, Sydney, il Vortice del Nord Pacifico, le Filippine e le Fiji, ma anche in Francia, Corsica e Mar Mediterraneo il quale risulta essere uno dei bacini idrici più inquinati del Pianeta.
In tutti questi luoghi e in molti altri ancora, la situazione è drammatica. Purtroppo solo una parte della plastica prodotta viene riciclata, il resto finisce nell’ambiente e più dell’80% della plastica che si trova negli oceani proviene da sorgenti terresti, anche se non vivete vicino al mare, ci sono grandi possibilità che i vostri rifiuti ci finiscano.
Quello che ho visto in “A Plastic Ocean“ mi ha davvero lasciato senza parole, anzi non è vero, mi ha lasciato tante parole da dire, perché le immagini di pesci e uccelli marini morti per aver ingerito plastica tanto da averne lo stomaco pieno e quando dico pieno intendo un equivalente di 6/8 kg per un essere umano o ancora le tartarughe in fin di vita perché mangiano sacchetti di plastica credendoli meduse, sono così vere e devastanti che non puoi non rimanerne scioccato.
Ma aggiungo anche un’altra conseguenza della plastica negli oceani: Le microplastiche di cui parlavo si trovano anche all’interno dei pesci che mangiamo. Non ci sono ancora studi che dicano con certezza quali siano le conseguenze di questo per la salute dell’uomo, ma è noto che la maggior parte della plastica contenga il Bisfenolo A e gli ftalati che rilasciano sostanze che imitano gli ormoni. In questo modo ingannano l’organismo con conseguenze da non sottovalutare su crescita, fertilità e metabolismo. Come afferma il Professor George Bittner, neurobiologico all’universita di Austin, Texas, intervistato nel documentario. *
Ma come risolvere questo grave problema?
Nel documentario dicono che i giovani oggi sono più idealisti e consapevoli, allora vi invito a riflettere sul fatto che bisogna fermare il consumo sconsiderato di plastica e la sua dispersione nell’ambiente. Soprattutto dei prodotti usa e getta. Vivere con meno plastica si può. Di seguito vi scriverò alcuni consigli perché, come sempre, ognuno nel suo piccolo può fare la differenza.
Con questo blog vogliamo lasciare messaggi positivi, la situazione può ancora cambiare.
– SÌ ai contenitori riutilizzabili per detersivi da acquistare alla spina.
– SÌ all’acquisto di alimenti sfusi, evitate le confezioni in plastica.
– SÌ ai contenitori take-away compostabili, come quelli che produce l’italiana Ecozema insiema a piatti, posate, bicchieri e cannucce. Se devono essere monouso sceglieteli così, NON di plastica.
– SÌ a saponi, detergenti, shampoo, bagnoschiuma solidi che non necessitano packaging in plastica come quelli di Lush. Consumerete davvero tanti contenitori in meno.
– SÌ agli scrub handmade (come questo consigliato dalla nostra Anto) o biologici. Lo sapevate che le microperle contenute nella maggior parte degli scrub in commercio rappresentano una fonte significativa di microplastiche di cui è pieno il mare?
– SÌ a dentifrici e cosmetici senza microperle, per lo stesso motivo dello scrub.
– SÌ agli spazzolini in legno, cambiandoli ogni 4/6 mesi quelli in plastica contribuiscono ad aumentare l’inquinamento.
– SÌ a tè e tisane in foglie con infusori riutilizzabili, invece che bustine monouso. Così come SÌ al caffè in polvere o macinato al posto delle capsule.
– SÌ alle bottiglie in vetro a rendere. Le bottiglie di plastica sono una delle maggiori fonti di inquinamento. Se proprio non riuscite a passare al vetro, potete portare le bottiglie vuote presso i distributori automatici (all’interno di alcuni supermercati) dove inserirle ed essere così sicuri che verranno riciclate. Ci sono tanti progetti che partono dal riciclo di bottiglie PET come il tessuto poliestere NewLife.
Il consumo di acqua del rubinetto è un’altra alternativa al consumo di acqua in bottiglie di plastica. Gli acquedotti sono sempre sottoposto a rigidi controlli, quindi l’acqua dovrebbe essere sempre sicura. Informatevi sulla qualità dell’acqua del vostro comune di residenza e valutatene l’uso.
– SÌ ai sacchetti riutilizzabili in tessuto, avete idea di quante borse in plastica si consumino al mese? Anche se ad oggi in Italia ne sia vietato l’uso, io ne vedo ancora tante in giro…
– SÌ all’uso di panni lavabili al posto di spugnette e salviettine struccanti usa e getta.
Questi sono solo alcuni consigli, se ne avete altri lasciate un commento qui in modo da poterli condividere con tutti e unitevi al movimento globale plasticoceans.org
Ovviamente non è possibile eliminare il consumo di tutta la plastica dalla nostra quotidianità da un giorno all’altro, ma si possono fare dei progressi e valutarne anche il risparmio economico. Vi lascio questa piccola scheda da aggiornare con i vostri progressi, se vi va condividetela con noi oggi e tra qualche mese mostrateci i passi avanti che siete riusciti a fare.
Cambiare il mondo dipende da noi.
-Shake your mind!-
Carlotta
Ps. Non è necessario stamparla, scriveteci sopra con lo strumento modifica foto del vostro smartphone.
* La plastica rilascia sostanze chimiche che hanno un’attività esterogenica. L’attività esterogenica appare quando una sostanza tipo BPA o ftalato filtra dalla plastica e penetra nel corpo, dove imita l’ormone estrogeno. Oltre il 90% di tutta la plastica che non contiene il BPA rilascia comunque sostanze chimiche che hanno attività esterogenica. (Professor George Bittner)

AD OGNUNO IL SUO CAMMINO.
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